Immaginari K

Laboratorio di scritture indecise

Uccelli Migratori - Knos Orchestra senza Confini Uccelli Migratori - Knos Orchestra senza Confini

«Chi è forte?»
«Moussa è forte!»
«Chi è il capo?»
«Moussa è il capo!»
«Chi siamo noi?»
«Gli uccelli!».

Quando prendiamo posto sulla soglia della scena, un focolaio di energie saettanti sta rimbalzano le sue lingue invisibili all'interno del gruppo stretto in cerchio.

Di richiamo in richiamo le voci stridono, le gole fanno male. Non sono, queste, gole addestrate a servirsi del diaframma, alla maniera dei professionisti del teatro. Urlano, strepitano, si fanno spazio l'una addosso all'altra, schizzano centrifughe dal cerchio, rimbalzano sulle pareti, sugli scranni in fondo alla sala, sulle facce dei presenti, con tutta la forza che possono.

Su questa scena, certo, alla fine del corso avranno imparato a modulare la propria potenza vocale, ma oggi non è la "scuola" ciò che conta qui, quanto questa energia, pure sfrenata e scomposta, che evade dalle gole dei ragazzi, e dalle loro memorie, e dai gioi tacitui o frenati davanti alla soglia del "dire", in stanze che parlano lingue ancora sconosciute.

Qui, nella sala prove delle Manifatture Knos di Lecce, il progetto "Orchestra senza confini" ha riunito una ventina di giovani richiedenti asilo che hanno attraversato il Mediterraneo e dopo lunghe epopee erranti in varie parti d'Italia, oggi vivono in tre centri della provincia salentina, lo Sprar "Ambito Territoriale di Campi Salentina", lo Sprar Msna "comunità UZURI" e il Cas Lecce, gestiti da Arci Lecce. Con loro, anche ragazzi nati e cresciuti su questa propaggine di terra bagnata dal Mediterraneo, ma con la curiosità di incrociare la propria storia con le altre.

Le guide di questo percorso sono quelle di Factory Compagnia Transadriatica, con la supervisione artistica di Tonio De Nitto, la partecipazione di Fabio Tinella e la collaborazione di Filippo Bubbico per le musiche di scena, Chiara De Pascalis per il movimento e Lilian indraccolo per i costumi.

Il loro compito, dare ai non-attori un codice comune, una grammatica che sostenga e renda possibile  la parola, in modo che questa sia libera di fluire dal proprio territorio d'origine senza barriere di sorta, ma trovando un solco sicuro in cui incanalarsi.

"Gli uccelli" di Aristofane è il codice eletto per questo esperimento. Esseri ansiosi di volare via gli uccelli della commedia greca, creature in cerca di un'utopia dell'altrove. Creature inquiete anche gli attori-non attori radunati qui, uccelli migratori approdati in un altro mondo per rifondare il mondo, ricominciare, crescere, nidificare. Quanto gli resta di quel sogno originario? Nessuna città ha risposte definitive, dice la commedia, nessuna città mette in salvo, nessun approdo è per sempre.

Moussa ha abbandonato il centro del cerchio, si è messo al lato, «non ce la faccio a continuare - sospira - oggi la mia energia è al quaranta per cento». Tonio e Chiara sorridono del dramma apparente e lo esortano a non mollare, ma non insistono oltre misura: nelle vite complicate di chi è qui - loro lo sanno bene - stanchezze, rifiuti e momentanei sconforti non sono da considerare con banalità.

Moussa, diciotto anni, è arrivato dalla Cosa d'Avorio il 4 gennaio 2017. «In Sicilia, poi a Brindisi, poi a Lecce, il compleanno l'ho fatto a Campi - racconta - se è quello che sognavo? Mi sento libero di fare ciò che voglio, di essere come sono, libero come un pesce nell'acqua. Però è difficile fare amicizia con gli italiani. Se ti avvicini, pensano che è per chiedere dei soldi. Per questo abbiamo paura, non ci proviamo».

«Quello che cerchiamo di fare, giocando con le parole di Aristofane, è raccontare questa ricerca di un luogo ideale - spiega Tonio De Nitto, che ha preso una pausa anche lui - con tutte le sofferenze e i tradimenti a cui questo percorso va incontro».

«All'inizio ero un po' scettica - commenta Lucia, studentessa di Lingue all'Università del Salento - mi sono ricreduta. Non si tratta solo di fare teatro qui, ma di entrare nell'ottica della loro provenienza. Ho diverse cose da imparare».

Il cerchio intanto ha ripreso forma. Moussa batte minaccioso i piedi a terra e incita il gruppo tuonando «akafisa!» («un'esclamazione della mia terra»). Vanno avanti per un altro quarto d'ora, poi  si decide che per oggi può bastare. Lo spettacolo è domenica primo luglio. Ci saranno altri due mesi per sbattere le ali.

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